Quando ‘fare giardino’ in una grande città vuol dire ‘fare comunità’. L’esempio di Lione – Franca Castellini
L’intervento si basa su un piano e una metodologia molto articolata. Si parte stabilendo gli obiettivi del progetto, i pubblici cui destinare le diverse tipologie di spazi verdi desiderati per valutarne la dimensione più appropriata. Si giunge quindi alla scelta: se un giardino per la gestione del terreno, oppure un luogo per il tempo libero, o ancora un mezzo di coinvolgimento e recupero di comunità con problemi sociali. Alla fase progettuale segue lo studio di fattibilità, che prende in esame numerosi fattori, dalla situazione fondiaria alla valutazione degli eventuali bisogni, delle attrezzature, dei costi, fino alla ricerca di possibili finanziamenti, in funzione della tipologia prescelta, sia per l’investimento iniziale – magari individuando contributi pubblici o sponsor del territorio – sia per le successive spese di funzionamento e manutenzione.
Subito dopo si passa all’informazione del pubblico per il quale il progetto è stato definito, in modo da sollecitarne la partecipazione e il successivo coinvolgimento diretto: l’organizzazione di eventi pubblici permette di far conoscere il progetto agli abitanti del quartiere interessato e, quindi, di incontrare i giardinieri potenziali che potrebbero diventare protagonisti e parte attiva nella realizzazione del giardino del loro territorio. In questo c’è anche un aspetto economico: l’investimento che i futuri giardinieri s’impegnano a compiere in termini di tempo si traduce anche in una riduzione importante dei costi d’avvio (costruzione del piccolo magazzino per attrezzi, preparazione dell’impianto d’irrigazione, messa in posa delle recinzioni, ecc.) e serve a consolidare il senso di appartenenza alla propria comunità. Naturalmente il progetto prevede anche un supporto giuridico, per definire regole e nominare i responsabili della conduzione del giardino e che può avere la forma di un’associazione, di un centro d’interesse sociale.
Al di là dell’obiettivo concreto (il giardino) c’è un’importante filosofia fondamentale nel progetto: promuovere la convivialità non solo all’interno del giardino, ma considerarlo uno strumento per interagire di più anche con l’esterno e per acquisire il concetto di bene comune da preservare e valorizzare per sé, per la propria famiglia, per la comunità. La presa di coscienza di questo bene fa scattare anche la protezione del giardino da vandalismi e furti: se il progetto è ben inserito e accettato dalla comunità, cresce il rispetto reciproco e lo scambio di relazione fra gli abitanti del quartiere che si sentono responsabili della protezione del bene.
Dal punto di vista educativo, oltre al contatto diretto con la terra e la natura, all’insegnamento di ‘come si fa’ e di tecniche semplici di organizzazione del terreno, ci sono altri aspetti interessanti: l’apprendimento del valore di elementi essenziali per l’ambiente, come l’acqua e la biodiversità. L’acqua è fondamentale per ottenere piante di qualità, siano esse per la produzione di ortaggi e frutta, o per piante d’affezione e di decorazione. Quindi è importante sapere come incanalarla, come risparmiarla, come utilizzarla al meglio con costi sostenibili sia che si utilizzi l’acqua pubblica, sia che si attivino sistemi di recupero dell’acqua piovana o di ri-uso di acque bianche. La biodiversità è il secondo concetto significativo del progetto giardini: infatti, la ricchezza naturale del luogo e l’interesse della comunità nei suoi confronti ne costituiscono gli aspetti vincenti perché, come detto, creano legami sociali, stimolano la sensibilità verso l’ambiente, insegnano un’efficace gestione degli spazi verdi aperti e preservano la biodiversità del luogo. E’ quindi un mezzo immediato per conoscere meglio gli infiniti elementi del mondo vivente: dall’ecosistema specifico del territorio alle specie vegetali e animali che lo popolano, che fanno comprendere quanto sia necessario mantenerli vivi e vitali perché se ne capisce l’utilità anche a livelli più generali, riconoscendoli come l’argine naturale a eventi negativi per il paese, e per esteso il mondo, quali devastazioni, catastrofi climatiche e altri.
Alcuni esempi dei ‘giardini di Lione’
Sono diverse le tipologie di giardino prese in considerazione a seconda delle esigenze e delle caratteristiche del territorio o del quartiere cui essi sono destinati. Per alcune tipologie è prevista la presenza di un tutor (un tecnico agrario, oppure un animatore o altra figura di riferimento). Eccone alcune:
- Il giardino famigliare tradizionale: uno spazio che favorisca la convivialità in un ambiente piacevole. Le caratteristiche più frequenti di questa tipologia sono la residenza nel comune (quartiere, zona), l’esistenza di abitazioni singole o condominiali senza giardino proprio, i nuclei famigliari con bambini, la preponderanza di pensionati o disoccupati, di abitanti a basso reddito. Una sua evoluzione è previsto per un tessuto sociale più esteso, con la presenza di un tutor.
- Il giardino pedagogico, che offre un luogo favorevole alla scoperta della natura e dà ai bambini la possibilità di sperimentare l’attività di giardinaggio: è un importante potenziale educativo, cui si aggiunge l’apprendimento di comportamenti e obiettivi metodologici e cognitivi. Ci si propone di sviluppare la sensibilità dei bambini verso la fragilità degli equilibri naturali, responsabilizzarli nel rispetto del lavoro degli altri, far loro scoprire la catena alimentare, l’unicità di un ambiente naturale, i cicli della natura.
- Il giardino di comunità per l’abbellimento del quartiere da parte di un gruppo dei suoi abitanti. L’esempio viene da esperienze già esistenti negli Stati Uniti (New York) e in Canada (Québec) e il principio si basa sull’accesso ad alcuni metri quadrati di terreno urbano, aperti agli abitanti del quartiere che, pur esprimendosi liberamente nella coltivazione del proprio pezzetto di terra, partecipano a un’impresa cittadina collettiva per la cultura e la manutenzione del giardino della comunità.
- Il giardino dell’economia solidale che si pone come obiettivo quello di formare persone in difficoltà o senza lavoro alle tecniche di coltivazione, per favorirne la riqualificazione e il successivo reinserimento professionale.
Franca Castellini
Awesome article.
L’articolo è molto interessante e ne apprezzo particolarmente l’aspetto informativo. In italia, Lombardia nello specifico, già esistono realtà organizzate di orti urbani ben strutturati e produttivi. Ad essi manca però la valenza sociale e di aggregazione che fanno degli orti di Lione un fatto sociale e pedagogico di grande rilievo. Inoltre da noi l’informazione è molto carente e non conosciamo l’esistenza di queste importanti realtà.Grazie Franca Castellini che mi ha fatto conoscere questo bell’esempio!!!