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La metafora della rana e l’acqua

La metafora della rana e l’acqua, a Milano e non solo  – di Carlo Alberto Rinolfi  (*)

Gregory Bateson, uno dei padri dell’ecologia scientifica, ce l’aveva già detto. Il rischio che corriamo è analogo a quello di una rana, che non si rende conto delle piccole variazioni di temperatura dell’acqua nella quale è immersa e che pian piano la sta bollendo. Anche nell’uomo, se la soglia di un pericolo non è adeguata a recepire un fenomeno diluito nel tempo, si rischia di non accorgersene in tempo utile.

Lo stesso si può dire degli inquinamenti che in tanti anni di sviluppo agricolo e industriale hanno inevitabilmente coinvolto le risorse idriche sotterranee e di superficie in tutta la Lombardia. Se da un lato sono stati fattori essenziali per lo sviluppo della produttività colturale, il benessere e la ricchezza dei cittadini, dall’altro hanno rilasciato una serie di sostanze contaminanti che nei periodi precedenti non erano presenti nei cicli di rigenerazione dell’acqua.

Alle fonti naturali legate alle caratteristiche minerali dei terreni si sono dunque sommate quelle antropicoproduttive e adesso si è aggiunta anche la metropoli che, come una gigantesca idrovora, assorbe le buone risorse disponibili nel territorio ed espelle nuovi contaminanti con le attività di consumo che più la caratterizzano.

Ai vecchi inquinanti, che nel frattempo si sono mossi nelle falde sotterranee, se ne aggiungono così di nuovi. Sono gli inquinanti “emergenti” legati a pulenti chimici, farmaci, droghe, particolari packaging che milioni di persone per 365 giorni all’anno scaricano nelle fognature e nelle acque di superficie. Il loro destino è spesso quello di ritornare nel ciclo alimentare dei cittadini attraverso animali o verdure coltivate a valle. E’ una situazione da tenere sotto controllo che investe tutte le aree urbane del pianeta, e anche della nostra penisola.

Milano e l’area metropolitana hanno dalla loro un sistema di monitoraggio capillare ed efficace garantito da ARPA, le migliori imprese di gestione delle risorse idriche d’Italia, un attivo impegno delle ATS regionali a garanzia della sicurezza dei cittadini e un processo in atto di Tutela dell’Ambiente e delle Acque (PTUA) su scala regionale. Ciò nonostante sul sito del Ministero risulta che la normativa che definisce la qualità delle acque potabili è ancora ferma al Dlgs 31 – 2001 1 , e solo di recente si sono recepite le nuove norme internazionali ed europee in materia. Norme in continua evoluzione che pongono la necessità di nuove ricerche sugli effetti di vecchi e nuovi contaminanti e lo sviluppo di nuovi sistemi di depurazione.

La situazione normativa non agevola la chiarezza e l’omogeneità degli standard informativi delle imprese che operano su tutto il territorio lombardo. Rimangono irrisolti i kafkiani problemi di duplicazione burocratica che rallentano iniziative adeguate a un bene comune ubiquitario come sono le acque. Esiste poi un serio problema di informazione dei cittadini. La nostra “rana che bolle in parte per sua propria mano” fa fatica a districarsi nella miriade di dati che pure sono in modo encomiabile a disposizione pubblica sui siti; fa fatica anche a comprendere le reali pericolosità di sostanze chimiche sconosciute ai più; infine non è educata né addestrata a controllare e ridurre la sua stessa produzione di contaminanti.

Il primo modo dunque per avvertire la rana che le bollicine possono essere pericolose si gioca sul fronte dell’informazione preventiva, che ha bisogno di maggior facilità di accesso e di completezza scientifica.
Dove e come ci si può informare, escludendo la pubblicistica scandalistica? Quanti sono i contaminanti da controllare con più attenzione? Che sistemi esistono per le depurazioni? Che ricerche vanno svolte sui nuovi emergenti? Quali variazioni della normativa vanno auspicate? Come può essere migliorata ulteriormente la catena di monitoraggio-utilizzo-controllo delle risorse idriche? Come sollecitare ed educare la sensibilità del cittadino di oggi e di domani alla tutela di un bene così prezioso? Questi sono alcuni dei quesiti dei quali si occuperà la sessione del mattino del Convegno di Mondohonline del 22 marzo.

Ma la qualità dell’acqua diventa sempre quantità e viceversa, per cui il convegno non sarebbe completo se non avesse anche il coraggio di affrontare il tema della quantità delle risorse disponibili e di ricercare le possibili soluzioni. Anche se la Lombardia dispone del bacino idrico più ricco d’Italia, la sua dimensione, articolazione e complessità rendono molto impegnativa e delicata la sua gestione ottimale.

Inoltre il problema delle quantità disponibili è strettamente connesso all’inquinamento. Il dato è evidente per l’agricoltura, che è la grande utilizzatrice delle risorse disponibili e di conseguenza la grande inquinatrice delle stesse. In questo ambito il Convegno esaminerà le soluzioni più innovative a disposizione per rendere i sistemi irrigui più efficienti e meno inquinanti. Soluzioni che riguarderanno l’agricoltura prevalente, di cui le imprese biologiche rappresentano una parte minore. Se le tecnologie irrigue e i sistemi innovativi esistono già, cosa ne ostacola una seppur articolata e progressiva diffusione? Che relazione esiste con la diffusione dell’agricoltura biologica? Quali problemi culturali/finanziari esistono? Come è possibile affrontarli in coerenza con gli orientamenti europei?

Il risparmio delle risorse idriche è poi correlato alla variabilità climatica, che non è omogeneamente distribuita sul territorio e ha impatti differenziati a seconda delle specializzazioni produttive. I possibili problemi di disponibilità nel lungo periodo, cui possono corrispondere eccessi di disponibilità nel breve, chiama poi in causa i ghiacciai dell’arco alpino e le loro dinamiche. Qual è la situazione? Come viene controllata? Quali le misure da adottare? Nelle viscere della terra cosa avviene? Le risorse idriche sotterranee rispondono a logiche legate anche ai nuovi usi delle aree metropolitane? come si stanno modificando gli equilibri sotterranei e che prospettive si stanno creando?

Per tutti questi quesiti, con gli esperti che interverranno al Convegno verranno cercate risposte adeguate, senza tralasciare gli eventi concentrati nel tempo che avvengono in ambiente urbano. Dalle esondazioni del Seveso scaturiscono modelli di intervento che utilizzano sofisticati sistemi di monitoraggio e allarme ma che soprattutto sono orientati a coinvolgere la cittadinanza più attiva. Il tema del coinvolgimento dei cittadini sollevato al mattino qui ritorna sotto le ali di una nuova resilienza pubblica.

E’ come se la rana – avvertita del pericolo – riuscisse a trovare la forza per saltare fuori dal pentolone in cui è finita. Per farlo ritornano utili le istanze delle educatrici che nella sessione del mattino ci aiuteranno a capire come evitare ai nostri figli di pronunciare la fatidica frase: “Stiamo ripulendo il disastro fatto dai nostri genitori”. 

 

(*) Presidente – Mondohonline

Nota: l’articolo è stato pubblicato da ArcipelagoMilano, n. 10, 14 marzo 2018

 

1 vedi anche all. I C, all. II B, all. III tab. 1 e all. III tab. 2) che dà attuazione alla direttiva 98-83/CE

1 commento per La metafora della rana e l’acqua

  • laura

    Ottima conclusione.
    Oramai è provato! se una speranza c’è, sta nell’ istruzione dei giovanissimi. Prima che diventino fatalisti come i giovani adulti di oggi,e altrettanto pigri, tanto da studiare all’università e poi non interessarsi di convegni di questo tipo che li riguardano direttamente.

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