Lo scorso 14 dicembre 2021 si è svolto il webinar con la presentazione del trailer delle interviste ai ragazzi dell’Istituto Rizzoli sul tema proposto, per sollecitarne impressioni, emozioni
Il webinar è stato molto seguito, e ha stimolato commenti e considerazioni. Eccone alcuni:
L’acqua da importante a divertente – da Gabriella Campioni (*)
Ho molto apprezzato sia l’attenzione dei ragazzi (non solo perché hanno dimostrato di gradire il video loro dedicato), sia gli interventi degli esperti, i quali hanno messo in gioco una grande competenza, una preparazione accurata per la circostanza, ma anche la passione per quello che fanno.
Questo, secondo la mia prospettiva da ex insegnante e ricercatrice in vari ambiti, è un punto sul quale vale la pena riflettere, anche richiamando alcune testimonianze dei ragazzi e tenendo conto del fatto che essi stanno acquisendo abilità professionali.
Per molti, il lavoro è un obbligo al quale è giocoforza sottostare per guadagnare di che vivere, se non una “galera”. La passione per ciò che si fa non solo garantisce migliori risultati produttivi, ma rende le giornate lavorative più ricche e, cosa ben più importante, rende le persone consapevoli di sé e del proprio ruolo nel mondo… e felici. Vedo in questo la miglior definizione di “successo”… e non è forse la felicità che desideriamo più di ogni altra cosa per i nostri figli?
Uno dei ragazzi intervistati nel video ha indicato un’interessante distinzione fra “importante” e “divertente”. Il messaggio implicito che mi è parso di cogliere è che gli apprendimenti sono barbosi… Ma che cosa si intende per divertente, solo ridanciano o anche “appassionante”? Egli ha anche spiegato che la cosa importante viene vista a scuola (con noia?) e subito dimenticata, mentre la cosa divertente può diventare virale… E se provassimo, con il loro aiuto, a rendere divertente l’importante, superando una polarizzazione nella quale noi adulti sembriamo un po’ bloccati? Forse potremmo raggiungere meglio il nostro obiettivo della sensibilizzazione sull’acqua e non solo… e a nostra volta cresceremmo.
Andando un po’ più in profondità, vorrei notare che l’acqua non è soltanto quella “fisica”. L’approccio “scientifico” è, ovvio, importante, ma c’è il rischio di considerare questo elemento così prezioso esclusivamente da un punto di vista “utilitaristico”, una “commodity” (come è definita in certi report e da quanti vorrebbero quotarla in Borsa). L’acqua è fondamentale non solo perché indispensabile alla vita (senza essa, tutto inaridisce e muore), ma anche perché è una qualità del nostro essere che si manifesta in vari modi. Ad esempio, nella capacità di “fluire” con la vita adattandosi all’ambiente e alle circostanze, oltre che nella sfera emozionale e onirica, tutti aspetti altrettanto “sacri” e importanti per vivere in modo fecondo. Noi “siamo” acqua, insomma, non solo perché fisicamente composti da essa all’80%…
Una ragazza del gruppo l’ha evidenziato molto bene, pur probabilmente senza rendersene pienamente conto, spiegando che, per lei, l’acqua è la pioggia, nella quale ama camminare senza ombrello perché la fa sentire più libera e la calma. Alla domanda sul motivo per cui non sia così per altri, ha risposto che forse molti non amano lasciar cadere le proprie maschere. La pioggia come lavacro che ci rende più veri e autentici, insomma. Lo trovo semplicemente splendido!
A me sembra lampante che, con un approccio integrato tra scienza, passione e psicologia, si possa ipotizzare un futuro in cui non ci sia più bisogno di regolamenti (e connesse sanzioni per i trasgressori) per un rapporto rispettoso nei confronti dell’acqua… nella quale siamo immersi durante la gestazione. L’acqua ci è Madre! Così come ci è madre la Terra, l’Aria… Una volta attivati il rispetto e l’amore, si applica naturalmente a tutto!
Per concludere, desidero plaudire a questo validissimo progetto ribadendo la speranza che possa sollecitare non solo le conoscenze sia fisiche che tecnologiche dei ragazzi, ma anche contribuire alla loro crescita personale e alla costruzione di un mondo più vivibile. Ci conto davvero molto!
… e anche amore – da Concetta Maglia (**)
Vado di getto, d’istinto e di emozione, le parti tecnico-scientifica ed ecologica, che pure sono di fondamentale importanza, le lascio alle persone qualificate.
Dico che l’acqua la percepisco simile all’amore, entrambi inafferrabili e vitali, fondamentali per e nella vita di umani, animali, vegetali. Che sia trasparente oppure torbida, mare, fiume, lago, pioggia, ci invade e ci pervade, ci costituisce in ogni cellula. Che sia pianto o nebbia, rugiada o neve, non possiamo vivere senza l’acqua, e così come per l’amore in senso universale dobbiamo averne massima cura.
I miei complimenti per la bella iniziativa, e soprattutto grazie alle generazioni del futuro, con l’augurio e la speranza che sappiano fare molto meglio e molto più di quello che abbiamo fatto noi.
… e che goduria ! – da Adele (***)
Ti racconto cosa penso io dell’acqua: quando avevo 6 anni, ero sfollata in quel di Castelnuovo Berardenga (SI). C’era la guerra. Da Genova eravamo migrati in quel paese, abitavamo nella casa della nonna Agnese. Naturalmente non vi era acqua in casa, anche se c’era l’acquaio, sempre ospitato di notte da tanti scarafaggi che fuoriuscivano dallo scarico. La mia sorellina ed io eravamo addette alla provvigione dell’acqua: con un secchio e una brocca di rame, dovevamo recarci a piedi, per oltre due Km, dove c’era il pozzo per attingere. Una volta che avevamo armeggiato con le catene e trovata la forza ercolina per sganciare il secchio pesante, e riempita la brocca riservata all’acqua da bere, ci incamminavamo verso casa, spandendo acqua ad ogni passo. Che fatica!
Arrivate in cucina, il secchio avrebbe troneggiato come riserva d’acqua, e l’umile brocca sarebbe rimasta al servizio della nostra sete. Ma un po’ dell’acqua della brocca doveva essere sacrificata per depositarla, nella camera da letto, in una brocca di ceramica sotto il catino per lavarci la faccia. In quattro, avremmo dovuto lavarci la punta del naso con quel “bicchiere d’acqua”: mamma, nonna, Graziellina ed io. Non per niente, finita la guerra e rientrati a Genova, gli altri bambini ci appellavano “collo nero!”, abituate come eravamo a lavarci poco, nonostante la nuova sistemazione in quella città avrebbe potuto consentirlo. Ma anche a Genova c’era il problema dell’acqua per lo sciacquone del gabinetto. Nel contenitore posto sopra la catena del “cesso” ve ne era una piccola riserva ma, essendo in 6 nell’appartamento, bastava che due di noi usassero il bagno per primi, che i successivi trovavano la tazza del WC ingombra e maleodorante. Mai come la puzza tremenda di quando eravamo a Castelnuovo: là la fogna non c’era, solo un buco nero che portava gli escrementi in basso, chissà dove.
Nelle vicinanze di Castelnuovo non vi erano né fiumi, né ruscelli, né laghetti. Noi bambini sentivamo un desiderio inestinguibile di assaporare l’acqua su tutto il corpo. Quando arrivò il fronte, e tedeschi e americani si bombardavano a vicenda, una bomba fini nel campo sportivo, provocando una enorme buca.
Piovve uno di quei giorni, e la buca si riempì: quale gioia per noi bambini tuffarci, tutti vestiti, in quella melma! Le mamme ci sgridarono molto e dovettero portare all’Ortaccio (lavatoio comune) i nostri indumenti. L’ortaccio era una grande vasca piena d’acqua sporca, che veniva cambiata di tanto in tanto da non so chi; le mamme sbattevano i panni sporchi sugli sgocciolatoi e una volta risciacquati nell’acqua sporca, li esponevano al sole per la disinfezione. Noi bambini, mezzi nudi, intanto giocavamo a lanciare sassate sui ramarri che passeggiavano intorno al vascone in cerca d’acqua. Quando avevamo sete, salivamo su albero di more o di ciliegie per calmare la sete con quei frutti. Se era stagione, andavamo al Poggiarrancia a “prendere” cocomeri e meloni. Fortuna che esistono frutti succosi che possono dissetare!
(*) Gabriella Campioni, Educatrice – Istituto Cosmòs
(**) Concetta Maglia, Poetessa
(***) Adele, nonna, amica di Federico Tinelli
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