– di Gabriella Campioni (*)
Sostenibilità: ecco una parola che ricorre sempre più frequentemente e si trova, trasformata in aggettivo, applicata a svariati ambiti: agricoltura, economia, architettura, società e così via. Ma che cosa significa davvero “sostenibilità” e perché è importante trovarla? Credo che la situazione che stiamo vivendo da tempo, e che si è aggravata negli ultimi due anni, richieda una riflessione da parte non solo dei vari specialisti degli ambiti di cui sopra, ma anche delle persone “comuni”… come me. Se non altro, perché, in definitiva, siamo noi che attuiamo quotidianamente certi comportamenti.
Il vocabolario Treccani informa che “sostenere”, da cui “sostenibile”, deriva da sub-tenere: tenere (da) sotto, avere un peso che grava su di sé. Alcuni sinonimi sono: supportare (o sopportare); sorreggere; farsi carico; assumersi la responsabilità; sostentare… La domanda che sorge spontanea è: chi sostiene chi, tra noi e la Terra? O forse: chi grava su chi?
In ogni caso, basandosi sulle sole parole, la questione non è chiara, perciò chiedo lumi, come sempre, alla Natura o, per semplificare il quadro, a un eco-sistema. Da quanto percepisco, in un ecosistema vigono alcune “leggi vitali” collegate le une alle altre:
1) Un sistema è un tutt’uno intero, pur comprendendo diversi elementi fittamente interagenti: è una rete.
2) C’è tutto quello che serve, ma niente di superfluo. Se un elemento c’è, è perché serve.
3) Ogni elemento serve al tutto e il tutto serve a ogni elemento: c’è un’interazione perenne.
4) Se un elemento cresce troppo, viene trasformato in modo da essere comunque utile al sistema (non esiste il concetto di rifiuto, “buttar via” o morte).
5) Se avviene uno sconvolgimento (o se entrano elementi estranei), il sistema si riorganizza in modo da sostenere l’essenziale, ovvero la Vita. In quest’ultimo punto sta quello che personalmente chiamo resilienza.
Una considerazione che mi riempie sempre di meraviglia è che ciò che il singolo e il tutto si scambiano non sono oro o diamanti: sono i rifiuti, le scorie di quel processo di combustione che è la Vita. Come ben noto, l’ossigeno, che per noi è vitale, per il mondo verde è scoria, veleno. È vero che, se morissero tutte le piante, moriremmo anche noi creature animali, ma è vero anche il viceversa: se morissero tutte le creature animali, noi inclusi, morirebbero anche le piante. C’è chi sostiene che le cellule animali siano state “inventate” dalla Natura per “consumare” e trasformare tutto quell’ossigeno che stava soffocando le piante.
Lo stesso dicasi per le “scorie organiche” animali. Ben lo sapevano i nostri avi che chiamarono Plutone (ossia ricchezza) il dio del sottoterra, della morte e degli escrementi e che fertilizzavano i campi con il letame. In un mito sulla fondazione di Atene, il re decreta che i defunti vengano sepolti in campi aperti perché fungano da concime per il grano per i vivi. C’è persino una fiaba dei Fratelli Grimm che parla di un asino “che cacava monete d’oro”. In antiche civiltà soprattutto matrilineari, i defunti venivano sepolti in posizione fetale perché fossero ri-generati nell’utero di Madre Terra. Insomma, un’interazione incessante anche fra il sopra, dove la vita è manifesta, e il sotto, dove avviene la gestazione… per quel continuum che è la Vita.
È uno scambio per il quale, come intuito da Lavoisier oltre duecento anni fa, “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Nulla si aggiunge, nulla si toglie: c’è già tutto. E se fosse anche che, in realtà, nulla nasce, nulla muore: tutto vive, per quanto in dimensioni o con frequenze diverse, non percepibili con i nostri sensi? Un po’ come i raggi ultravioletti, che non vediamo, ma ci sono, eccome!
Tornando alle scorie, mi sembra già di sentire qualcuno che dice: con tutte quelle che produciamo, la Natura dovrebbe prosperare alla grande e magari ringraziarci pure… Beh, pare che uno studio della Boston University[1] rilevi che le foreste urbane o comunque in zone “sporche” crescano molto in fretta e sequestrino molto carbonio… Come a dire che la natura fa gli straordinari per aiutarci… nonostante noi. Ma la risposta, ovviamente, è ben diversa. In primo luogo, i veleni che immettiamo sono frutto di manipolazioni artificiali, non riconoscibili dalla Natura; in secondo luogo, distruggiamo le aree naturali; in terzo luogo, consumiamo più di quanto la Terra sia in grado di ri-generare. Si veda in proposito Il lavoro del Global Footprint Network, che spiega molto bene quanto insano e autolesionistico sia il nostro comportamento, che ci spinge persino a consumare risorse… non ancora prodotte dalla Terra![2]
(*) Educatrice – Istituto Cosmòs e MondoHonline
[1] https://resoilfoundation.org/ambiente/foreste-urbane-clima/?utm_source=facebook&utm_medium=cpc_mofu&utm_campaign=foreste&fbclid=IwAR0g9jE4ek5i_nb0TeYcBbMpSOkiiGOCCutqKQA-QRuUc9LPy_eOFrX3nHg
[2] Il Global Footprint Network, un organismo internazionale molto attivo, calcola tra l’altro lo Overshoot day, il giorno in cui esauriamo le risorse dell’anno in corso e cominciamo a intaccare quelle dell’anno successivo. La data, che anticipa ogni anno, varia da nazione a nazione. Dal loro sito, risulta che, per l’Olanda, è il 12 aprile 2022, ossia è già scaduto, e che questo Paese si comporta come se avesse a disposizione 3,6 pianeti. Ma nemmeno noi siamo messi troppo bene, inoltre la pandemia e la guerra in Ucraina hanno aggravato pesantemente la situazione. https://www.footprintnetwork.org/
Drammaticamente reale, molto amaro ed estremamente chiaro
c’è un momento in cui lo scarto , non voluto e desiderato , crea valore anche per l’homo economicus contemporaneo ?
La risposta è affermativa e molti sono i casi sopratutto legati al mondo agricolo come quelli elencati da Gabriella. Nel mondo industrializzato a noi più vicino mi ha sempre incuriosito più di altri il caso dei baci perugina. Il problema che in Perugina si presentava alle linee di produzione delle tavolette di cioccolata con le nocciole era quello degli scarti (detti sfridi). Che fare di tutto quel cioccolato con quei brutti pezzi di nocciole rotte che usciva dai bordi del rettangolo perfetto delle tavolette ? Uno scarto difficile da riutilizzare e per giunta costoso ? Così è nata l’idea gentile del bacio avvolto da parole d’amore impreziosito dall’argento della confezione e dalla imperfezioni creative della natura.