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Denutriti e Obesi: nutrire i metabolismi delle città - 4/5

Denutriti e Obesi: nutrire i metabolismi delle città – 4/5 – di Carlo Alberto Rinolfi (tratto dalla Conferenza sulla Nutrizione verso Expo 2015, Milano, 28 settembre 2014). Quarta di cinque parti

cittàLa prima opportunità del millennio che sta di fronte ai nostri occhi consiste nel modo di concepire la gestione della città,  nell’ottica di un riequilibrio dei suoi processi nutrizionali. Nello scontro tra le civiltà in cui siamo immersi fino al collo, la supremazia sarà di quella che saprà dare la risposta migliore a come nutrire le 400 nuove metropoli che stanno spuntando come funghi su tutto il pianeta.

Oggi la città si presenta come un problema di enormi agglomerati che risucchiano risorse e inquinano l’ambiente, un problema che se non sarà risolto in fretta non solo si ribalterà su quel miliardo e mezzo che sta male e che salirà a due, ma si ribalterà anche sui nostri figli e sui nostri nipoti. Loro appartengono già ai 7,2 miliardi che popolano il mondo e saranno loro a dover convivere con gli altri due miliardi in più  arriveranno entro il 2050.

Se non interveniamo adesso, anche i figli delle gloriose economie in declino come la nostra rischieranno di incappare nei problemi per le risorse disponibili e allora l’accesso economico alle materie prime alimentari sarà d’importanza vitale come il possesso  delle terre fertili che le producono e della tecnologia che ci permette di lavorarle.

Che cosa vuol dire tutto questo? Significa forse che si proporranno in forma nuova le immagini della Londra in piena rivoluzione industriale in cui c’era necessità dell’orto familiare per riprodurre la forza lavoro che ci ha mostrato Giorcelli?

Noi  non vorremmo ritornare più a quella forma primitiva di sussistenza che pure altri Paesi, ai loro primi stadi d’industrializzazione, stanno conoscendo in questo momento e che i nuovo poveri dell’occidente stanno già sperimentando.

spesa poveriCi auguriamo che non accada più, anche se tutti sappiamo che già oggi non pochi milanesi, che siano anziani o che sì si trovino in situazione di indigenza perché hanno perso il lavoro o non l’hanno mai ottenuto o perché si sono separati, stanno rovistando negli scarti dell’Ortomercato . Sappiamo anche  che chi ha un orto in città deve recintarlo  per proteggere il suo piccolo raccolto. Se pensiamo poi ai cittadini del futuro senza pensione, senza lavoro e welfare, non possiamo che raffigurarceli “poveri”, bisognosi di assistenza che rischieranno di trovare solo al banco alimentare o alla Caritas se la politica non de ne farà carico come problema non più di emergenza ma di carattere strutturale . Visioni reali ma spiacevoli da evocare, che però l’obsolescenza d’interi pezzi dell’economia rende evidenti in molte lande della vecchia Europa. In questo molto probabile scenario dobbiamo però immaginare cosa può accadere nel momento in cui l’alimentazione dell’Europa diventi meno autonoma di adesso e molto più dipendente dall’estero . L’Europa per il momento  importa una quota ancora contenuta dei cereali che consuma ma il vicino medio oriente nel 2008 era già attorno al 50% ovvero oltre una soglia esplosiva che alcuni stimano nel 25% . In quei casi è sufficiente un’impennata dei prezzi internazionali per innescare esplosioni sociali difficili da contenere. Che cosa potrebbe accadere se una parte sostanziale della nostra alimentazione provenisse da sistemi politicamente instabili ma con più terre fertili e forse con monete più forti della nostra e noi non avremo più terra fertile da utilizzare? Potrebbe essere messa in gioco la nostra sovranità alimentare con grave danno per molti cittadini, nonostante i vantaggi forniti dall’apertura dei mercati. Già oggi il mediterraneo è al di fuori dei giochi delle materie prime alimentari sempre più in mano a Cina e Russia.

Che fare? Nuove soluzioni possono essere adottate anche senza arrivare al punto della Cina, che da un lato pianifica le variabili strategiche come la crescita demografica dando valore politico-strategico alla sicurezza alimentare, e dall’altra parte libera le forze del mercato per acquisire scorte e  accumulare il potere finanziario necessario per fare del succulento land grabbing.

A seconda delle strategie che l’Europa  adotterà  nei prossimi anni, potrà rialzare il capo o essere schiacciata dall’emergere delle nuove potenze mondiali anche sul piano della sicurezza alimentare. E’ una prospettiva reale che  prefigura un mondo in cui la nuova Africa raggiungerà in pochi decenni i due miliardi e mezzo di abitanti, corrispondenti a 500 milioni di giovane forza lavoro.

Questa problematica è vicina nello spazio e prossima nel tempo , per questo ci riguarda direttamente e va affrontata intervenendo sulle variabili strutturali  dello sviluppo economico che per tutti  ormai ruota attorno alle città.

A determinare gli handicap della nutrizione, subito dopo il problema dell’accesso economico al cibo  viene infatti quello dell’urbanizzazione.

Una delle radici degli squilibri nei processi nutrizionali si nasconde proprio in quelli dell’ urbanizzazione. Abbiamo già visto come l’urbanizzazione cambi il rapporto fra la città e la campagna e nascano degli stili alimentari completamente diversi.

Ci interessa ora concentrare l’attenzione sul fatto che con l’urbanizzazione  si creano dei macrosistemi, degli organismi artificiali, che fagocitano tutte le risorse del territorio.  Soprattutto le megalopoli si comportano nei confronti dell’ambiente come piovre giganti che hanno bisogno di essere continuamente alimentate.

Siccome andremo tutti a finire lì, anzi “siamo già lì”,  bisogna porsi il problema di queste piovre che scaricano rifiuti e inquinamento utilizzando le risorse senza riprodurle o rinnovarle. Come si risolve questo problema?

In questo caso è indispensabile far evolvere la cultura progettuale e amministrativa del territorio e le esperienze di molte città europee ci sono di aiuto e di esempio.

Non è semplice per le amministrazioni municipali passare da un sistema, consolidato in tante norme e procedure, che considera il territorio come risorsa infinita a una gestione che considera il capitale naturale come un patrimonio vivo da valorizzare in modo produttivo attraverso la gestione intelligente dei suoi metabolismi o processi vitali.

L’ambiente e i suoi processi di nutrizione dovrebbero trasformarsi, da fonti di rendita da conservare, e la massimo tutelare a fonti di ricchezza produttiva da accrescere in conformità a precisi obiettivi fissati in bilanci capaci di valorizzare e contabilizzare le risorse naturali utilizzate, anche in funzione delle nuove generazioni.

E’ un problema economico che ha a che fare con la giustizia intergenerazionale, è  una grandiosa opportunità imprenditoriale  tecnologica non solo per l’adozione di sistemi di governance avanzati ma anche per lo sviluppo delle imprese più innovative della Green  e della Blue Economy. Il tratto comune delle quali  sembra alla portata dell’Italia poiché richiede un’elevata concentrazione di capitale umano creativo tipico delle aree urbane e dei paesi come il nostro.

E’ grande un gioco in cui si stanno scatenando grandi operatori e persino grandi Stati, poiché richiede nuove politiche territoriali e infrastrutture di connessione intelligente per le quali i grandi drivers tecnologici internazionali  si sono associati per dialogare con le nazioni più accorte e avanzate.

Le nuove competizioni tra i sistemi economici passano per le città e quelle che avranno sviluppato le migliori pratiche per il loro processi di nutrizione, li potranno utilizzare per attrarre capitale umano e per esportare conoscenze, servizi, imprese e produzioni.

Alla luce di quanto detto appare chiaro che il futuro di Milano non si giocherà negli orti in città. E’ un vero azzardo pensare che il mondo si interessi delle nostre linee metropolitane o alle nostre 100 cascine ristrutturate che sono importanti per noi, certo, ma che non dicono nulla di nuovo al mondo.

think global act localI milanesi devono avere la forza, il coraggio di affrontare in modo creativo i problemi del mondo seguendo il paradigma del “Think global- act local” e non fare il contrario.

Mario  Giorcelli ci ha fatto vedere un lungo elenco di città anche europee che fanno già molto di più nei confronti del risparmio di risorse ambientali.

L’Europa sta già investendo in questa direzione e l’Italia ha già perso molti bandi e fa fatica a gestire quei pochi che acquisisce. Su questo fronte si sente forte l’esigenza di un rapido miglioramento centrato sulle aree metropolitane e i cittadini hanno opportunità di interagire con i processi decisionali, opportunità  impensabili in un tempo non lontano.

Si può interagire con le istituzioni partendo dalle forze spontanee presenti in città come quelle di questo Circolo (Circolo Fratelli Cervi, Milano – ndr), che ha il coraggio e la pazienza di affrontare questi temi.

Ma per sollevare temi di questa portata bisogna andare oltre il locale e  occorre aggregarsi in piattaforme internazionali collaborative che in Europa già esistono, o come quella  sulla nutrizione che, più in piccolo, sta costruendo Mondohonline, alla quale siete tutti invitati a collaborare.

 

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