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il cambiamento delle economie urbano rurali

Immagine ferretto defIl cambiamento delle economie urbano – rurali– di Matilde Ferretto (*)
Nelle analisi di previsione del fabbisogno alimentare umano per i prossimi decenni i due principali fattori di criticità possono essere ricondotti: all’aumento della popolazione e all’uso dei prodotti di origine agricola. Esaminiamo, brevemente, le componenti più rilevanti di questi principali fattori.In rapporto alla popolazione la FAO stima, sulla base di una variante a media fertilità, che la popolazione mondiale arriverà, nel 2050, a 9,3 miliardi di persone (a fronte degli attuali 7/7,5 miliardi) con una crescita prevalentemente concentrata nei Paesi in Via di Sviluppo (PVS) che si verificherà quasi interamente nelle aree urbane. Secondo la FAO, nel 2050, circa il 67% della popolazione mondiale vivrà in realtà urbane (a fronte dell’attuale 50%) concentrato, soprattutto, nelle megalopoli dei PVS.
In rapporto alla domanda dei prodotti di origine agricola va ricordato che l’impiego interessa quattro principali comparti: l’alimentazione umana, l’alimentazione animale, gli impieghi industriali (vernici, lubrificanti e detergenti) e i biocarburanti. Tra i quattro impieghi il consumo alimentare costituisce, probabilmente, la componente più stabile della domanda di beni di origine agricola poiché si tratta di una variabile che si muove entro due condizioni limite: la soglia della sopravvivenza e quella della sazietà. La stima delle calorie consumata per persona in un giorno, che può essere considerata un buon indicatore nel lungo periodo, indica, sempre secondo la FAO, che a fronte di una media mondiale di 2770 kcal/persona/giorno nel 2005/07, non solo i Paesi Sviluppati (PS) ma anche alcuni emergenti (la Cina ha già superato la media delle 3000 kcal/persona/giorno) sono allineati o superano il livello di sazietà mentre al di sotto delle 2500 kcal/persona/giorno rimane la maggior parte dei Paesi dell’Africa Sub-Sahariana e dell’Asia Meridionale. Tra questi ultimi Paesi particolare rilievo assume l’India (1,1 miliardi di persone a fronte di un totale di 2,4 miliardi presenti nell’area) che, nonostante il rapido sviluppo economico, si contraddistingue per un limitato consumo di calorie pro-capite/giorno.
Proprio il caso dell’India consente di avanzare alcune considerazioni relative alla tradizione alimentare: a prescindere dalla rilevanza delle popolazioni rurali su quelle urbane, ancora oggi presente in India, va considerato che, per motivi religiosi, il comportamento alimentare della gran parte della popolazione è orientato ad una dieta prevalentemente vegetariana che non viene sensibilmente modificata nelle realtà urbane. L’osservazione dei consumi di prodotti di origine zootecnica, che si concentrano prevalentemente nelle aree urbane e sono un indicatore di benessere, evidenzia come all’aumentare del reddito i consumi di proteine animali aumentino in relazione alle tradizioni alimentari: così in India e in gran parte dell’Africa la domanda si orienta verso una maggior richiesta di prodotti lattiero caseari, in Cina ed in Asia verso le carni suine e avicole, in molti Paesi desertici verso la carne ovi-caprina e solo nei PS e nei Paesi del Sud – America verso le carni bovine.
L’attenzione ai consumi dei prodotti di origine zootecnica è giustificata dalla differente destinazione che alcune produzioni vegetali tradizionali nelle aree rurali possano essere destinate dall’alimentazione umana all’alimentazione animale. Già attualmente nei PS la maggior parte dei cereali viene destinata ad alimentazione animale e simili tendenze vengono registrate nei paesi emergenti e nei PVS per prodotti tipici della alimentazione umana (cereali minori, tuberi e radici, semi oleosi). La tendenza è importante non solo perché deve essere analizzata in relazione agli stili di vita associati all’urbanizzazione (eccesso di calorie provenienti da prodotti di origine animale, grassi e zucchero che provocano malattie cardiovascolari) ma perché comporta un mutamento di strategia nella programmazione delle produzioni agricole da parte degli Stati e delle grandi holding private: l’investimento in produzioni agricole non direttamente destinate al consumo umano può rivelarsi, in presenza di redditi crescenti a livello globale, un importante business. Il motivo è semplice e descritto da una delle leggi base della teoria economica (Legge di Engel): all’aumentare del reddito la domanda di beni alimentari, cioè di quei beni di prima necessità che vanno riducendo il proprio peso percentuale sul totale della spesa, diventa più rigida al variare dei prezzi, poiché decresce il numero di individui che comprano meno cibo perché il cibo costa di più. Questo significa che , insieme ad altre concause (biocarburanti, usi industriali), la crescita dei redditi potrebbe concorrere a far aumentare la volatilità dei prezzi dei beni agroalimentari. In questo caso i prezzi dei prodotti dei beni di origine agricola sarebbero ancorati solo in minima parte ai meccanismi della domanda e dell’offerta per uso alimentare umano e consentirebbero ampi spazi a fenomeni speculativi.
Un esempio preclaro di questi meccanismi speculativi, che prevedono la possibile volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli ma lasciano spazio anche ai possibili sviluppi di mercati paralleli (biocarburanti ed usi industriali dei beni di origine agricola), si ha nel fenomeno del “global land grab” : l’accaparramento di terre fertili coltivabili in aree vaste dei PVS (Africa, Asia, Sud-America, Est Europa) da parte di Stati ed holding private innescato dalla crisi alimentare del 2007-2008.
Matilde Ferretto
(*) Economista, Università Milano Bicocca

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