Africa che cambia : giovani popoli alla tavola dei consumi e antiche culture al collasso della storia – di Carlo Alberto Rinolfi (*)
Tra i popoli che affollano il pianeta quelli del continente africano sono i più denutriti ma anche i più diversificati e in trasformazione. Nel grande continente attraversato dall’equatore, l’Atlante globale della nutrizione di Mondohonline individua la presenza di tre mondi dai quali è opportuno iniziare per capire la portata e la complessità del cambiamento in corso:
“Mondo della scarsità di risorse idriche”. Contiene molti paesi dell’Africa settentrionale, anche se i suoi confini si estendono oltre il Mar Rosso. Sono territori con un certo grado di sviluppo economico e sociale ma con rilevanti problemi di risorse idriche che ne limitano la biodiversità naturale. Qui si trovano quattro paesi che penetrano nel Sahara e si affacciano al Mediterraneo (Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto) e che, secondo McKinsey , sono tra quelli che guideranno nei prossimi anni la crescita dei servizi e dei consumi del continente “nero”.
“Mondo della insicurezza alimentare e bisogno di sovranità “. E’ il mondo della nutrizione che si ritrova quasi esclusivamente nel continente africano, vi si trovano tutti i paesi dell’Africa sahariana che non si affacciano al mediterraneo e quasi tutti quelli dell’Africa sub-sahariana. Assieme ai paesi del “grande vuoto“ troviamo dunque anche quelli più a sud con biomi che ricordano il “paradiso perduto“ di cui ci parlò Eraclito. Pur avendo i vantaggi del clima equatoriale, sono anch’essi preda della debolezza dei loro Stati. Qui si concentrano i livelli di denutrizione e di mortalità infantile più elevati del pianeta. Da alcuni anni la loro crescita economica è però vivace e si prevede che continui nel prossimo futuro con particolare intensità in Angola, Ghana, Kenya, Nigeria, Sudan ed Etiopia.
“Mondo della biodiversità e crescita economica “. E’ il mondo economicamente più sviluppato del continente. Si colloca a sud, sud-ovest . I paesi che lo compongono (Sud Africa , Namibia e Gabon) sono ricchi di risorse minerarie o petrolifere e hanno livelli di sviluppo che li accomunano con i paesi dell’America Latina centrale. La biodiversità è elevata e, seppur in presenza di forti diseguaglianze, il reddito procapite è tra i più alti del continente. Il Sud Africa possiede l’economia più sviluppata tanto da essere annoverato tra i BRICS e continuerà a svolgere un ruolo decisivo nella crescita economica del continente.
Siamo dunque alla presenza di uno scenario molto articolato che sta cambiando con estrema rapidità anche per il mondo sub-sahariano in cui i fabbisogni nutrizionali sono più drammatici e acuti. Non per nulla dagli osservatori internazionali l’Africa nel suo insieme è considerata ormai la “nuova frontiera della crescita economica mondiale“ e vedrà nei prossimi anni imponenti migrazioni dai territori in direzione dei grandi agglomerati urbani.
Le megalopoli aumenteranno con la loro classe media istruita già abituata ad acquistare con l’E-commerce e nei centri commerciali . Questi ultimi saranno spinti a trainare le incomplete filiere produttive locali e a promuovere un urban food adatto a sopportare le difficoltà di conservazione, di acqua e di energia che permarranno nelle città per carenze infrastrutturali. Il megatrend in questione è già in atto da qualche tempo e, sino ad ora, non ha risolto le disparità sociali, né le drammatiche tensioni che provocano i flussi migratori. Il cambiamento investe anche la più povera Africa sub-sahariana dove si caratterizza in modo particolare per almeno tre aspetti:
1) Una crescita economica in presenza di “conflitti a bassa intensità”. L’Africa sub-sahariana ha superato un incremento medio annuale del 5% del PIL negli ultimi tre
2) La rincorsa alle risorse naturali in presenza dell’esplosione demografica. Anche se la tradizionale disomogeneità politica africana impedisce facili generalizzazioni, sembra che questa parte del pianeta sia attraversata da profonde trasformazioni socioeconomiche relativamente omogenee. Un recente rapporto su “ Conflitti e la crescita economica sub sahariana” individua i due principali motori del cambiamento in:
- Una straordinaria pressione demografica, che riguarda tutto il continente e porterà in pochi decenni a una popolazione di 2,4 miliardi di persone con effetti rilevanti per il pianeta intero anche sul piano dell’occupazione. Già oggi il continente ha una forza lavoro di 500 milioni di persone e si calcola che nel 2040 il loro numero raggiungerà 1,1 miliardi superando la Cina e l’India. E’ un dato certamente favorevole per la crescita economica ma la pressione demografica è destinata ad accentuare le tensioni interne legate alle risorse.
- Un’impetuosa rincorsa alle risorse, che si accentuerà per soddisfare i fabbisogni interni. Sull’accaparramento delle risorse petrolifere e minerarie in generale operano da qualche tempo le compagnie occidentali, i comportamenti delle quali sono noti, ma oggi anche Cina, India e Brasile, sono entrate nella competizione per l’accaparramento delle risorse naturali africane. Una situazione già negativa sembra dunque essersi aggravata ed estesa alle terre coltivabili. Il land grabbing mondiale, che è stimato in ottanta milioni di ettari, si concentra per il 70% proprio nell’Africa Sub-sahariana.
Due spinte formidabili che si autoesaltano generando nuove povertà nutrizionali anche grazie un sistema amministrativo a bassa resilienza che permette a compagnie multinazionali e a lobby locali di impossessarsi della terra su cui abitano e si sostentano le popolazioni autoctone.
3) L’emergere del bisogno di sovranità alimentare e di politiche agrarie. Le limitate capacità di governare i territori per il benessere dei suoi abitanti che si registrano in molti paesi sub-sahariani, ne pregiudicano le sicurezze alimentari e affondano le loro radici nel modo in cui è avvenuto il passaggio da regime coloniale europeo a quello statale contemporaneo. E’ l’aspetto cui si riferisce Cristiana Fiamingo quando rileva la stridente competizione tra governo e cittadini per la gestione delle risorse territoriali, che si traduce nell’orientamento a non procedere sulla strada delle riforme agrarie per l’innovazione e la sicurezza nutrizionale e a lasciar sfruttare il territorio concedendolo a multinazionali, lobbies locali o destinandolo a produzioni dirette unicamente all’esportazione. In questo modo i grandi fiumi, i terreni fertili e le enormi ricchezze minerarie del continente, da risorse naturali per lo sviluppo si trasformano in fattori di destabilizzazione permanente e di diseguaglianza che pregiudicano le condizioni di salute e di vita di popolazioni spesso indifese anche sul piano culturale. Si tratta di migliaia di popoli per i quali il senso dello Stato e della proprietà non sono definite come in occidente, per molti di loro la terra è la magica e infinita forza cui si appartiene e che pertanto non si può possedere. Qui si entra nel delicato terreno della scomparsa delle antiche culture africane e della loro trasformazione.
E’ il tema del collasso delle civiltà di cui tratta l’antropologo Jared Diamond (1) che non offre però solo la possibilità di scoprire preziose diversità agrocolturali o alimentari per migliorare la vita contemporanea , ma provoca anche un confronto dai toni spesso drammatici tra modi differenti di impostare il rapporto con la natura .
(*) Mondohonline
(1) Jared Diamond “ Il mondo fino a ieri”, Einaudi editore.
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